Descrizione
Il 170° anniversario della fondazione della Savelli spa (1842-2012) offre l’occasione per poter riflettere, attraverso un’opportuna analisi della “storia” e dello “spirito” dell’azienda meccanica bresciana, sul senso e il destino di un importante impresa famigliare, che è riuscita ad attraversare i secoli conservando intatta l’ “unità”.
Da sei generazioni la famiglia Savelli custodisce, rinnovandola, la preziosa tradizione lavorativa famigliare, iniziata da Egidio Savelli nel 1842. Purtroppo molte, anzi troppe, tradizioni lavorative della realtà economica bresciana sono andate perdute. Si pensi alla storia dei calzifici Ferrari, ai lanifici di Manerbio, o ai dimenticati mondi delle filande e dei filatoi. Le tradizioni di queste realtà sono sopravvissute unicamente nella memoria personale di pochi testimoni e non sono mai diventate patrimonio culturale della nostra comunità. Ciò rappresenta un grossa lacuna della coscienza collettiva del nostro territorio, un vuoto che deve essere colmato se si vuole fare argine in maniera efficace ad una concorrenza internazionale molto agguerrita ma, per lo più, “senza radici”.
Oggi ci troviamo in un momento storico di epocale transizione. Le forze della globalizzazione e le brame insaziabili degli operatori della finanza internazionale stanno mettendo in discussione non solo gli schemi di una realtà economica, quella bresciana, che sembravano saldi e inamovibili, ma anche a dura prova lo spirito imprenditoriale di coloro che hanno la responsabilità di reggere il timone delle loro aziende.
Attingere con consapevolezza alla propria “memoria”, agli sforzi compiuti dalle generazioni passate, può essere quindi decisivo per ritrovare la fiducia e l’ottimismo necessari per affrontare con efficacia le nuove sfide della competizione globalizzata.
Lo storico bresciano Roberto Chiarini sostiene che ricostruire le vicende economiche, imprenditoriali, sociali ed anche umane di un’azienda non risponde unicamente alla pur comprensibile voglia di storicizzazione di sé che può nutrire una famiglia di imprenditori come i Savelli. «E’, invece, assai più, una strada per certi versi obbligata se si vuole davvero conoscere, anzitutto dal di dentro, la più importante istituzione del capitalismo moderno e in secondo luogo, per il suo tramite, se si vuole dipanare il reticolo di percorsi e di modalità con cui si dispiega la complessa dinamica della modernizzazione economica di ogni società».
Raccontare la storia della famiglia Savelli è anche un occasione per far conoscere il valore degli imprenditori bresciani, il cui lavoro si confonde spesso con la vita stessa. Non dimentichiamo infatti che gli imprenditori bresciani hanno la stessa stoffa di Giuseppe Soffiantini, il noto industriale del tessile, che il 17 giugno del 1997 venne rapito da tre malviventi e trascinato in una prigionia paragonabile a quella di un lager per 237 giorni. «La notte che mi hanno liberato – disse Soffiantini -, sono montato in macchina e ho chiesto a mio figlio: “E la ristrutturazione informatica del gruppo a che punto è?” Ecco, io sono un imprenditore bresciano».
Infine, oltre al valore, chi scrive aspira a cogliere i “valori” di chi nel corso degli anni si è assunto le maggiori responsabilità all’interno dell’azienda Savelli, e questo al fine di poter far emergere quei “principi” che fin dall’origine hanno reso possibile la nascita, l’evoluzione e la prosperità della Savelli SpA.