Descrizione
Lo studio della storia urbana di Brescia include un’incresciosa lacuna: quella del Ventennio fascista.
La storiografia urbanistica e urbana ha dedicato solo da una ventina d’anni attenzione a questa città, superando l’episodicità delle indagini precedenti e l’esclusivo interesse per le epoche antiche. Tuttavia, nonostante Brescia sia nota nel panorama degli studi urbanistici nazionali solo per pochissimi episodi e benché fra questi pochissimi emerga la vicenda dell’intervento piacentiniano per la Piazza della Vittoria, nessuno studio sistematico è mai stato svolto sugli anni Venti e Trenta.
La fortissima censura caduta sul periodo non ha risparmiato l’urbanistica, includendo gli eventi bresciani fra gli episodi “aberranti” della cultura fascista e liquidandoli con un solo giudizio spregiativo, spesso infondato e quasi mai frutto di serie indagini scientifiche. I non infrequenti barlumi di attenzione all’architettura e all’urbanistica dell’epoca fascista si sono risolti in un esercizio ripetitivo della condanna di ogni operato lungo tutto il Ventennio, con l’accanita distinzione però dell’avanguardia razionalista, posta su un piedistallo, quasi di culto e di eccezione.
Le basi della città moderna vennero infatti poste proprio negli anni Venti e Trenta e non è lecito ignorare che in quella fase, goduto e sofferto il primo, vero boom industriale, furono impostate in Brescia le più importanti infrastrutture di rilevanza urbanistica di cui la città sia stata dotata in questo secolo e vennero fissate le fondamentali direttrici dell’espansione, seguite poi in tutta la seconda metà del Novecento.
Questo libro intende colmare la lacuna, presentando la realtà dell’evoluzione di Brescia fra le due guerre mondiali, molto al di là di piazza della Vittoria e anche un po’ al di là del diffuso conformismo ideologico, il quale, mi auguro, troverà solido argine, anche per il lettore prevenuto, nell’esposizione dei documenti e nella contestualizzazione, sia nazionale che internazionale.
Nonostante il quasi mezzo secolo trascorso dall’esaurirsi dell’esperienza fascista, nonostante i sempre più autorevoli e diffusi segnali di riconciliazione e di riequilibrio delle parzialità imposte dalla storiografia dei vincitori, nonostante i consigli alla serenità di giudizio espressi anche da compassati depositari e professionisti dell’indignazione politica e morale, ancora molte retoriche vesti verranno stracciate di fronte a opere che, come la presente, si permettono di non ribadire valutazioni di maniera e presumono solo di aderire ai fatti, secondo quello che dovrebbe essere l’imperativo etico di ogni storico.