Descrizione
«San Pancrazio, la sua gente e il suo territorio dal 1900 al 1975» rappresenta il coronamento di una laboriosa ricerca storica che muove dall’amore per la propria terra natale, dalla passione per il paese che racchiude ancora tutti i ricordi della giovinezza. Ha scavato davvero a fondo l’architetto Osvaldo Vezzoli; non si è risparmiato dalla fatica d’allungare gli occhi su quelle fonti che dall’antichità ci portano ai giorni nostri, o meglio al 1975, anno che segna – secondo l’autore – la svolta. Anzitutto sul fronte personale, perché è in quell’anno che inizia l’impegno politico ed amministrativo del Vezzoli. Impegno, maturato anche nelle precedenti esperienze di partito, che lo porta a costruire un legame indissolubile con la «sua» San Pancrazio, imperniato – come egli stesso ammette – sulla difesa del bene della comunità e della storia. Di quella storia, fatta di uomini e donne in carne ed ossa, di vicende tanto dolorose quanto gioiose, che Osvaldo Vezzoli ripercorre con giudizio critico.
Giudizio ormai storico, ovviamente, che s’infila tra le cronache nude e crude, tra i numeri e le statistiche dietro cui si celano il sudore e il sacrificio di tanta, tanta gente. Non mancano nelle pagine del libro vicende quotidiane, polemiche di piazza, diatribe epocali tra laici e cattolici, tra comunisti e democristiani, ancor più in anni difficili: tra il Fascismo, la seconda guerra mondiale, la Resistenza, la Liberazione, la faticosa ricostruzione, la prima Repubblica. Vezzoli offre, talvolta, una sua chiave di lettura agli accadimenti che hanno, inevitabilmente, mutato il volto di San Pancrazio. E lo fa in modo non troppo distaccato, perché l’amore per la propria terra, per la propria fede politica e la sensibilità socio-culturale maturata in tanti anni non possono non trasudare tra le righe d’inchiostro. In fin dei conti, in questo volume, accanto alla cronologia ed alla semplice cronaca c’è anche la vita di un uomo, di uno studioso, di un politico, di un padre di famiglia… dell’autore. Una esistenza scandita dalle sensazioni, dalle emozioni, dalle opinioni, dalle esperienze anche di battaglie politiche e sociali vissute sempre in prima linea, senza mai arrendersi, senza mai alzare bandiera bianca.
Ma c’è anche un pizzico di nostalgia, per una San Pancrazio che non c’è più e che mai ritornerà. Con qualche rimpianto ricorda la San Pancrazio contadina; la San Pancrazio contesa tra Adro e Erbusco che finisce poi con l’annettersi a Palazzolo sull’Oglio; la San Pancrazio delle beghe e beghette di partito alla «Don Camillo e Peppone» sotto i portici della piazza; la San Pancrazio che, ancora nella metà del Novecento, si stringe attorno al «cuore» del paese, che si ritrova la domenica mattina tutta in piazza.
C’è davvero un po’ tutta la storia di San Pancrazio nei tre volumi (questo è l’ultimo della serie) curati, a partire dagli anni Novanta, dall’architetto Vezzoli che non si può dire certo avaro di commenti, tanto critici quanto elogiativi, quando passa alla lente d’ingrandimento gli anni «difficili» del «suo» paese, quando passa in rassegna partiti e movimenti politici nonché uomini che, nel bene e nel male, sono stati i protagonisti del secolo scorso.
Analizza e documenta il Novecento di San Pancrazio l’architetto e docente Osvaldo Vezzoli, intercalando la sua vita e i suoi ricordi, anche i più personali, intimi, tra le vicende del borgo (San Pancrazio) che nei primi anni del Novecento non ha ancora una precisa identità, anzi è in cerca – quasi disperata – di un’identità, anche territoriale. L’autore segue da vicino l’annosa, tormentosa e tanto dibattuta questione dell’annessione di San Pancrazio a Palazzolo, tra referendum popolari, pareri prefettizi contrastanti, vigorosi fronti del sì e del no, polemiche decennali che nemmeno le avvisaglie della guerra mettono a tacere… sino alla definitiva aggregazione nel 1962. Tappe di una storia tanto lontana quanto vicina: lontana nel tempo che inevitabilmente corre, vicina nei ricordi «congelati» nella mente e nel cuore del Vezzoli, il quale non concede sconti alla storia ritenuta «inopportuna». Ma la storia è storia, il passato è passato, le idee sono idee, i ricordi sono ricordi.
(Marco Bonari, giornalista professionista, redattore al Giornale di Brescia)