Descrizione
La vita è scandita dal ritmo del cuore. Qualche volta delle aritmie ne alterano il tracciato. Poi tutto torna come prima. O quasi.
Una dolcezza inquieta Si può parlare d’una scrittura asciutta e umida insieme?
Giovanna Loda lavora sull’idea di una mappa delle cose della vita – pedagogica per chiarezza diffusa e riflessiva, però colloquiale, indulgente – come percorso formativo e vitale. Trame e ritmi utilizzano una ordinata geometria compositiva, ma per seguire la direzione segnata dai battiti del cuore.
Il ritmo del cuore, dice l’autrice stessa, è uno zibaldone di piccole cronache marginali. È un piccolo libro dell’inquietudine, imbrigliata nella nettezza classica di scrittura, nel senso compiuto di serenità formale, che cerca un suo stile della solitudine e insieme un accento corale d’affetti in cui tutti possano riconoscersi. Infatti compone, anzi innesta l’uno nell’altro, un sillabario dei sentimenti e un breviario d’educazione (la vita, istruzioni per l’uso). Sa che l’enigma non è nel fondo oscuro delle cose, ma dentro l’esistenza quotidiana stessa.
Giovanna Loda è insegnante di letteratura italiana e latina al liceo. Nella nostra società, la voce degli educatori si va facendo sempre più fievole. Con la dolce caparbietà fondata sull’erudizione e la conoscenza dei classici, e sull’amore dei poeti fatti filtro dell’anima, sembra aver trovato la voglia di dire a voce più alta, anche per comunicare i sentimenti più intimi e delicati, dolci e dolenti. Sì, proprio a voce più alta, anche se le sue pagine recitano un civilissimo bisbiglio, di contro a tanto frastuono contemporaneo. Spesso si segnalano proprio per la pulizia e l’educata confidenza con la letteratura, per il pacifico abbandono ai poeti: Kahlil Gibran, Shakespeare, Edgar Lee Masters, Montale, Neruda, Prévert…
Alimenta un suo romanticismo nudo e secco, come un residuo vitale sottratto al disincanto. Coltiva le sue pagine nell’introversione sommessa, agendo come levatrice – entro un involucro che è il bagaglio d’insegnante di materie che desidera siano accolte come sostanza umana dai suoi alunni – di qualcosa di lievitante e soffice. E in quel dischiudersi rattenuto mantiene viva – nonostante tutto – una fanciullesca disponibilità all’incontro, alla scoperta, pur con l’arguzia sapiente dell’adulto che ha assai vissuto, dove anche lo spirito didascalico, docente, è fatto librare lieve come un uccello che si lasci trasportare dalle correnti di una sognante inquietudine.
Nella sua scrittura casta, rasserenata, Giovanna Loda ci dice però che l’ombra è una realtà su cui non si può far luce del tutto, senza distruggerla: custodisce il mistero del suo esser vaso di luce, sostanza e sogno, corpo e assenza. È questa la dolcezza inquieta dell’autrice. Sa che la scrittura che ha davvero da dire qualcosa esige una perizia non solo della lingua, della tecnica, ma anche delle situazioni in cui è venuta maturando al mondo. Ce lo ricorda con ironia lieve, mentre avanza come una marea sormontante il dominio di merci e simulacri su tutte le coscienze, e a un’insegnante non resta che farsi, con la precisione ben temperata della scrittura, correttrice del gusto.