Descrizione
Il padre dell’autore, pure lui medico, era solito affermare: “Se dovessi sintetizzare la professione medica in tre parole, direi: studio, dovere, e pietà.” L’autore, per oltre un quarantennio, pur tra qualche umana deviazione, ha seguito questa strada maestra.
Questo libro fa seguito a un altro analogo pubblicato alla fine del 1998 (“Orario di visita”, Editore Mursia, Milano). In realtà avrebbe dovuto farne parte, se allora non mi fossi proposto di non superare i 56 racconti (o spicchi), tanti quanti gli anni di vita di mio padre, cui quel libro avevo dedicato nel centenario della nascita.
“Voci e volti dall’ambulatorio” raccoglie parte delle esperienze non inserite in “Orario di visita”: 43 spicchi che si susseguono in ordine sparso e non cronologico. Non ancora tutte, quindi. Quarant’anni di dura vita professionale mi consentirebbero di firmare almeno un altro paio di libri con le stesse caratteristiche dei primi due. Non ne approfitterò sia perché, a lungo andare, le cose ripetute, sebbene offerte con caratteristiche tecniche innovative, finiscono per stancare, sia perché gli spicchi che resteranno liberi avrò sempre modo di sfruttarli in altri libri come esperienze umane non necessariamente legate o riferite all’ambiente medico.
La struttura di questo libro ricalca quindi quella del primo. Ogni racconto è seguito da una o più citazioni di autori famosi, a volte in accordo con l’assunto del testo, a volte meno o addirittura in contrasto. Questo per sollecitare il lettore a riflettere, a cercare una propria convinzione non necessariamente coincidente con quella dell’autore.
I contenuti sono i mutevoli aspetti della natura umana che l’ambulatorio e l’impegnativa e rigorosa professione del medico aiutano ad evidenziare, come nessun’altra circostanza e professione, con altrettanto verismo, talora grottesco, e drammaticità. Come medico-scrittore sono mosso soprattutto da due fattori: dal dovere professionale e dall’altrettanto forte impulso a sondare il mio mondo interiore e quello dei miei simili.
Quei contenuti perciò non sono tanto lo specchio della comunità in cui vivo, come qualche frettoloso lettore locale ha voluto insinuare all’uscita di “Orario di visita”, quanto piuttosto l’ennesimo tentativo – vecchio di millenni – dell’uomo di conoscere sempre meglio se stesso, il bene e il male, endiade che, al di là delle dottrine, sembra costituire l’essenza inscindibile del suo mutevole essere. L’uomo di cui si parla in questo libro è quindi planetario perché le “anomalie” (e le virtù!) che il lettore vi troverà, in simbiosi per così dire mutualistica, le scoprirebbe dappertutto girando il mondo, di persona o attraverso i libri. È proprio l’assenza di letture, cioè l’ignoranza e il pregiudizio di cui è il figlio primogenito, che spesso fa travisare i significati delle cose.
In ogni caso queste “anomalie” che non risparmiano neppure l’autore, sono sviscerate con simpatia, dando al termine il significato etimologico di “soffrire insieme”, tutt’al più colorite da un tocco di sdrammatizzante ironia o anche da un pizzico di fantasia, per rispettare l’anonimato di persone e circostanze, senza tuttavia alterare la sostanza dei fatti.