Descrizione
Nel 2004 il Museo Diocesano si faceva promotore di una piccola mostra dedicata ai pittori attivi accanto a Moretto con l’intento di esplorare, forse per la prima volta, i meccanismi che governavano la fiorente bottega del maestro bresciano.
Ora un’altra esposizione riporta l’obiettivo sul secondo Cinquecento bresciano, certamente minore rispetto a quello magnifico di Moretto, Romanino e Savoldo, ma interessante proprio perché nella sua complessità può mettere in rilievo quel cantiere di esperienze che governano la pittura a Brescia almeno fino all’ultimo decennio del secolo quando si configurano nuovi rapporti di forza tra i poli di attrazione culturale (in sostanza Milano e Venezia) e ci si avvia a una normalizzazione del linguaggio artistico in senso decisamente post tridentino.
La mostra volutamente non parla di pittori moretteschi ma di pittori attorno a Moretto includendo sia gli allievi che gli artisti che hanno fatto i conti con l’eredità artistica del maestro o semplicemente ne sono stati occasionalmente copiatori. Si tratta di esiti diversi e di prospettive diverse che cercano di mettere a fuoco i diversi punti di tensione che scendono in campo in questo torno d’anni e che conducono lontano, considerando l’attenzione degli allievi diretti per quel mondo ‘tedesco’ che interessa non solo e direttamente (e per via di documenti) Francesco Ricchino, ma anche Luca Mombello e Agostino Galeazzi (quest’ultimo poi avvicinabile al mondo nordico anche per la qualità raggelata delle luci) nella insistenza delle ornamentazioni e nel tritume spesso rimproverato loro che non può spiegarsi solo con la conoscenza e la ripresa delle stampe nordiche che circolavano anche a Brescia.