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A cura di: Mauro Corradini

La nota preziosa – VaVa

Italiano/Francese

25.00

Categoria:
Fotografie: Gianfranco Cappelli e Vittorio Patelli
Formato: 230x270x8 mm - pp.64 - illustrato colori - copertina con alette lunghe plastificazione opaca
Edizione: 2009
ISBN: 978-88-8486-362-1
Product ID: 2438

Descrizione

“Dovevo scoprire la materia, il segreto, codificare le sensazioni e il fascino che mi davano i
foyer, le soffitte, le segrete, l’odore delle vernici, della muffa dei vestiti di crinoline chiusi nei bauli” scrive per una post-fazione ad un catalogo che accompagna la produzione artistica della prima metà del 2008 Stefania Galli.
Una dichiarazione di poetica che, quasi di colpo, riconduce i pensieri della pittrice sul piano della storia, fin dentro il mito di Vulcano, che attraverso il fuoco muta la materia e crea oggetti prima ritenuti impossibili; ed è proprio Vulcano a lasciarsi rubare da Prometeo una scintilla, affinché gli uomini potessero crescere, dando una nuova impronta tutta umana alla materia stessa della terra.
L’arte è intesa da Vava (così la chiamano gli amici e così ama chiamarsi confidenzialmente,
recuperando un vezzeggiativo infantile) come un’esperienza che porta a galla il mistero, dà
forma al non visibile che è racchiuso dentro di noi: “Sono sostanzialmente d’accordo con Lei”, scrive Kandinskij a Schönberg, in una lettera datata 26 gennaio 1911. Non è certamente casuale che siamo risaliti ad un celebre carteggio, che si colloca sulle soglie della contemporaneità, ma il riferimento colto ai due grandi della musica e dell’astrattismo possono aiutarci a penetrare nell’animo di Stefania: “Vale a dire”, prosegue lo scopritore dell’astrattismo, “quando si sta lavorando, i pensieri non dovrebbero esistere, solo la ‘voce’ interiore dovrebbe parlarci e guidarci”.
Anche Stefania ama la musica, utilizza nella sua pittura il segno grafico delle note musicali, da inserire a volte come immagini, più spesso come decorazione, nelle sue opere; alle note aggiunge sovente altri riferimenti musicali; allo spartito che sembra definire il ritmo compositivo dell’intera tavola, la pittrice aggiunge in alcune tavole un pentagramma, con indicazioni di lettura senza dubbio esatte, a volte aggiunge uno strumento, a volte alcune crome che, isolate, divengono figure, come quella che rappresenta, con la sua forma zigzagante, un Cristo ripiegato nella tragedia della Croce. La tavola di Vava si riempie ancora di tracce, di segni misteriosi, di materie preziose, come la foglia d’oro dei gialli dello sfondo, cromie che traducono la purezza di luce dell’iconografia; e ancora figure, figure umane e simboli, tratti dall’anatomia, come l’occhio e il cuore pulsante, o segni tratti dai volumi di cabala antichi, come la candela che porta luce, il segnavento che sventola sui campanili delle chiese, i calici per il vino, le aureole a incorniciare i capi, e i volti proposti nella loro primordiale frontalità, o le teste viste da dietro, volti e teste che nella loro giovinezza hanno tanto il sapore dell’autobiografia, quanto quello, sotto traccia, della figlioletta. E ancora i cuori, ad indicare lo spazio interiore che cerca di tradurre nelle immagini ogni segreto riposto in fondo all’animo imperscrutabile.