Descrizione
«Quello che veramente ami rimane, il resto è scorie/ Quello che veramente ami non ti sarà strappato/ Quello che veramente ami è la tua vera eredità/… Prima venne il visibile, quindi il palpabile/… Impara dal mondo verde quale sia il tuo luogo»: così il sommo poeta Ezra Pound nei Canti Pisani (Canto 81). Un invito che Aurelio Bertoni, con la sua arte, ha sempre fatto proprio, per istinto, scegliendo di stare in quel luogo che è la pittura, dove la realtà trapassa in luce, forma, colore.
Bertoni ha scelto la pittura come traslato di ciò che veramente ama, ossia il colloquio incessante e solitario con la realtà visibile, che è poi la realtà tout court, perché – come afferma Pound – viene prima del «palpabile», e per questo «rimane», sopravvive alle cose. La pittura è l’«eredità» del sogno umano.
Bertoni, dietro suggerimento e invito di Mario Zanetti, cavalletto e cassetta dei colori in spalla, come facevano i pittori en plein air d’una volta – è salito fino in Valle Sabbia. Un soggiorno trascorso concentrandosi sul ciclo di lavoro che è esposto in questa mostra. Un grand tour che, a più tappe, l’ha portato a soffermarsi e a dipingere sulle sponde del Lago d’Idro, dei fiumi Caffaro e Chiese, dei torrenti d’altura, fra gli alpeggi del Passo di Crocedomini e i boschi del Maniva, fra le abetaie del Gaver, fra le vecchie case e gli orti di Bagolino, fra pietre e paesi di quest’estremo, liminare lembo di Lombardia, dove la natura cela una bellezza riservata e maestosa. Ma, passato l’invisibile limen, Bertoni si è addentrato in un altro ambiente montano: quello, altrettanto stupendo, del Trentino Occidentale. Il patrimonio ecologico della Val di Daone dove, nel cuore dell’Adamello, sgorga il fiume Chiese; e delle Valli Giudicarie, dove – a Storo – l’artista ha “ritratto” la storica centrale elettrica, nonché i soleggiati campi di mais dal colore tipicamente ramato.