Descrizione
L’«Attimo fermati» invocato da Faust si accomoda nei paesaggi di Girolamo Battista Tregambe che nelle lastre incise arresta il tempo e lo sguardo ora su una roggia, ora su un casolare, un corvo, un fiore, quasi a scongiurarli di non svanire nella lora sincerità, ma di ancorarsi almeno nella memoria, restare radice del suo essere che pure muta. I paesaggi, ricchi di dettagli con cui sembra rifuggire il vuoto che implica assenza, non detto, una qualche inautenticità, si avvolgono nelle stagioni che lentamente si lasciano il passo l’un l’altra,
con una prevalenza dei rigidi panorami invernali con la loro malinconia che preme sul cuore come i ricordi o come la neve, invitando al raccoglimento, al tepore di un dentro da dove continuare ad osservare quello che sta fuori, magari con una nostalgia di primavera.
Chi guarda le opere di Tregambe ne condivide l’assorto stupore davanti alla campagna, dimessa e pacata, di cui è stato un appassionato ed elegiaco cantore, davanti alle nature morte che in primo piano dialogano quasi sempre con uno sfondo, dentro il costrutto compositivo e l’impianto scenografico che riempie la lastra e la illumina con luci laterali e del respiro del mondo.